La Storia
Le origini di Castelfranco Emilia, sono legate,
secondo le fonti letterarie, al centro di "Forum Gallorum": secondo
la tradizione invalsa Forum Gallorum sarebbe situato nei pressi
dell'attuale area denominata "Prato dei Monti", ma ancora non sono
state trovate le prove materiali per questa identificazione. Il
centro di Forum Gallorum risalirebbe all'epoca di occupazione
celtica, cioè fra IV e II secolo a.C.
Il nome di Castelfranco deriva, però, dalla fondazione
medievale del "Borgo Franco" (o Castello Franco) avvenuta ad opera
dei Bolognesi nel 1226 precisamente sull'attuale centro storico del
paese, che era delimitato dalle odierne vie circondariali ed
è ben noto attraverso i disegni sulla cartografia antica. Ai
nuovi abitanti del paese Bologna concesse particolari condizioni
fiscali in quanto il Borgo Franco si configurava, in senso
geografico e politico, come ultimo centro bolognese in
prossimità del confine con la nemica Modena e quindi fungeva
da avamposto di difesa.
Della costruzione del Borgo Franco resta a vista, oggi, parte delle
mura nei pressi di quella che era "Porta Bologna", in direzione di
Bologna sulla via Emilia (XIV/XV secolo).
Va ricordato, però, che nel territorio che si identifica con
l'odierno comune di Castelfranco E., si ebbero insediamenti molto
più antichi che sono stati scoperti grazie alle recenti
ricerche archeologiche : il primo di essi risale all'età del
Bronzo (XVII XII a.C.) ed è noto col nome di "Terramara di
Podere Pradella", dal nome della località in cui sono state
scoperte le tracce delle più antiche strutture abitative
attestate sul nostro territorio, appunto le terramare.
Un secondo insediamento molto antico risale all'VIII secolo a.C.
cioè alla fase Villanoviana : questa prima attestazione
riferibile alla civiltà etrusca consiste nel ritrovamento di
un villaggio di capanne e di un sepolcreto, che hanno restituito
molti significativi reperti, sia in ceramica sia in bronzo. Questi
oggetti informano sugli usi e costumi degli Etruschi.
Il primo vero insediamento antico a carattere urbano del territorio
di Castelfranco E., nonostante le dimensioni ridotte, è
quello sito presso il Forte Urbano (VI-IV secolo a.C.) : si tratta
di un villaggio etrusco vissuto fino all'epoca celtica ; in esso lo
spazio abitativo è organizzato secondo un impianto
ortogonale. Dallo scavo archeologico sono emersi numerosi reperti
riferibili alla fase finale dell'occupazione etrusca e anche a
quella celtica.
Certamente l'organizzazione territoriale di più ampia
portata del nostro paese risale alla colonizzazione romana (II
a.C.-IV d.C.) ed è avvenuta con la centuriazione : il
territorio viene diviso in appezzamenti quadrati di circa 710 metri
per lato e ad ogni colono viene affidata una porzione di terreno da
coltivare. Molte delle nostre strade insistono sui tracciati viari
romani ovvero sugli assi centuriali, denominati cardini (Nord Sud)
e decumani (Ovest Est). Il principale decumano è
rappresentato dalla Via Emilia che almeno dal tempo della sua
fondazione, il 187 a.C., è l'asse di scorrimento
principale.
Intorno all'VIII secolo la zona fra Castelfranco e Nonantola viene
conquistata dai Longobardi ed è compresa nella donazione
compiuta dal re longobardo Astolfo a favore dell'ex duca Anselmo,
fondatore appunto dell'abbazia di Nonantola. I monaci realizzano la
bonifica delle terre paludose e chiudono fra argini il Panaro. Il
territorio trova così la sua attuale sistemazione.
Nel 1227 Uberto Visconti, podestà del comune di Bologna,
decide di costruire un insediamento fortificato per difendersi dai
confinanti vicini modenesi. La funzione strategica della nuova
città si riflette nella sua stessa struttura, rilevabile
ancor oggi nella topografia cittadina. La pianta è
costituita infatti da un asse rettangolare di metri 480 per 240, il
cui asse maggiore è rappresentato dalla Via Emilia,
perpendicolarmente alla quale sono ricavati i lotti edificabili. Al
castello viene dato il nome di "franco", cioè libero, per
indicare l'esenzione venticinquennale da ogni tassa, concessa ai
suoi abitanti per favorire il popolamento del borgo. Castelfranco
inizia ad affermarsi come centro di vita civile e economica, pur
rimanendo un insediamento essenzialmente militare. Le famiglie
residenti erano circa trecento. Il periodo è caratterizzato
dalle continue guerre tra Modena e Bologna, tra i guelfi bolognesi
fedeli al Papa e i ghibellini modenesi che stavano dalla parte
dell'imperatore. Nel 1249 la grande battaglia della Fossalta vide
la sconfitta di Federico II e la vittoria delle truppe guelfe.
Castelfranco appartenne sempre ai Bolognesi, salvo qualche breve
possesso, di Passerino Bonaccolsi dopo la sconfitta di Zappolino
del 1325 e di Bernabo' Visconti nella seconda metà del
Trecento.
Alla fine del Quattrocento il centro ha anche carattere
"commerciale", divenendo il punto di riferimento della vita
economica. Nel 1506 Castelfranco passa insieme a Bologna nello
Stato della Chiesa, rimanendo sotto il dominio pontificio fino al
1859, con l'eccezione della parentesi giacobina e napoleonica
(1796-1814).
Il Cinquecento e l'inizio del Seicento vedono Castelfranco
attraversare un periodo di tranquillità, che rende possibile
il restauro e l'abbellimento degli edifici pubblici e delle
chiese.
Papa Urbano VIII decide nel 1626 di costruire un forte sul confine
presso la Via Emilia. Il grande e ben munito fortilizio, chiamato
in onore del papa Forte Urbano, è completato nel 1634. Le
mura di Castelfranco vengono abbattute, e i mattoni utilizzati per
la costruzione della fortezza..
Delegata al forte la funzione militare, a Castelfranco fra il
Seicento e il Settecento si curano il riordino dell'amministrazione
e la realizzazione di lavori di interesse cittadino. Dal 1674 al
massaro subentra un console; nel 1713 vengono rivisti gli statuti e
gli ordinamenti comunali. In questi anni si ha notizia di una
scuola il cui maestro è stipendiato dal comune e di un forno
di proprietà comunale. Nel 1740 viene restaurato il teatro,
che esisteva già almeno dal 1705: vi tengono spettacoli le
compagnie di passaggio e, dopo la sua fondazione nel 1759, una
società di attori dilettanti locali, l'Accademia dei
Rinascenti. Si provvede anche a rifare il fondo delle strade
cittadine e vengono coperte le fognature. Fra il 1772 e il 1779
viene completamente rifatta la podesteria o Casa Comunale. Negli
stessi anni si ricostruisce anche il portico della Chiesa di San
Giacomo.
Nel 1805 Napoleone fece saltare le fortificazioni del Forte Urbano,
che perse così la sua funzione militare e fu trasformato in
carcere.
Anche a Castelfranco ci furono nuclei di carbonari che
parteciparono alla insurrezione guidata nel 1831 da Ciro Menotti. E
nel 1848 fu nutrito lo stuolo dei giovani volontari che partirono
per partecipare alla prima guerra d'indipendenza nazionale. Ben 52
furono i combattenti castelfranchesi che hanno partecipato alle
imprese risorgimentali. Con il plebiscito del marzo 1860, anche
l'Emilia sancì l'unione al Regno d'Italia. Due anni dopo il
paese mutò il nome in Castelfranco Emilia.
Il censimento del 1861 rivela che nel comune risiedono quasi 12.000
abitanti. La dominazione pontificia aveva lasciato in
eredità una situazione di arretratezza tra le più
marcate in campo nazionale, con un analfabetismo dell'ottanta per
cento. E non era migliore la situazione sul piano economico e
sociale. L'integrazione del paese nel Regno d'Italia è
fortemente agevolata dalla stazione ferroviaria costruita nel 1862
lungo la linea Milano - Bologna. Negli anni successivi viene
attuato un piano di restauro generale del paese, si inaugurano
l'edificio scolastico comunale e l'ospedale-ricovero.
A partire dal 1880 anche a Castelfranco gli scioperi agricoli
assumono carattere corrente, per diventare poi l'arma non solo dei
braccianti, i proletari dell'agricoltura, ma anche dei mezzadri,
che incominciano a percepire la precarietà della propria
condizione. Nel 1894 viene costituita la "Società
Cooperativa fra i braccianti" del comune, che riuscì a fare
pressione per ottenere l'appalto dei lavori pubblici. Nel 1898
viene fondata a Castelfranco la prima sezione del Partito
Socialista. L'organizzazione socialista ebbe uno sviluppo notevole
che sarebbe poi sfociato nel 1921 nella conquista della maggioranza
del consiglio comunale, oltre a fornire un consistente contributo
nelle elezione dei candidati socialisti al Parlamento. I sindacati
e le leghe operaie condussero aspre battaglie nelle campagne di
carattere rivendicativo per un miglioramento delle tariffe
sindacali, per una diversa ripartizione dei prodotti e la
diminuzione dell'orario di lavoro.
Dal 1887 viene inoltre realizzato il sistema di illuminazione
notturna dell'abitato; nel 1906 viene erogata la corrente elettrica
e dal 1911 il paese dispone del telefono.
Anche a Castelfranco il fascismo si caratterizzò come
"braccio armato" della classe padronale contro le organizzazioni
operaie, con la frequente connivenza delle forze dell'ordine.
Furono tanti gli episodi di violenza e di sopraffazione che
caratterizzarono i primi anni di vita del fascismo, ancora prima
dell'avvento al potere di quel regime che segnò la fine di
ogni forma di pluralismo politico, di libertà e di
democrazia, e dalle manganellate e dall'olio di ricino si
passerà al confino e al carcere. E saranno vent'anni di
dittatura.
Nel 1929 il comune viene trasferito dalla provincia di Bologna a
quella di Modena, provvedimento che non piacque ai cittadini
castelfranchesi, da sempre appartenenti al territorio
castelfranchese. Il censimento del 1931 indica che nel territorio
comunale vivono quasi 19.000 abitanti. Anche in conseguenza della
crescita del comune si ha nel 1932, su iniziativa della Federazione
Provinciale degli Agricoltori, l'istituzione di una scuola
secondaria, l'attuale Istituto Spallanzani.
Durante la seconda guerra mondiale il paese viene bombardato dagli
Alleati due volte. Il Forte Urbano (che il regime fascista aveva
trasformato in buona parte anche in carcere duro per detenuti
politici, vennero tenuti rinchiusi per anni antifascisti, che
divennero, a Liberazione avvenuta, i padri della Costituzione
repubblicana-) fu colpito il 19 settembre 1944; l'ultimo attacco
aereo avvenne il giorno 24 aprile 1945, il giorno prima della
Liberazione. I civili morti nei tre bombardamenti e da
mitragliamenti furono 194. I soldati caduti sui vari fronti, nei
campi di concentramento o prigionia, furono 152, i partigiani 73,
le vedove di guerra 83. È proprio sugli spalti di Forte
Urbano che i fascisti misero a segno il primo tragico fatto di
sangue della lotta partigiana a Castelfranco Emilia, con la
fucilazione nel marzo 1944 di dieci giovani renitenti alla leva.
Nel paese si costituirono rapidamente i Gruppi di azione
partigiana. Nel giugno 1944 si costituì la IV Zona militare
partigiana, per assicurare un coordinamento delle varie formazioni.
Due mesi dopo nacque il Comitato di liberazione nazionale per
decisione dei partiti locali PSI, PCI, DC, PLI presieduto dal
liberale Giuseppe Vandelli, che guidò l'organismo fino alla
Liberazione con particolare fermezza e senso dell'equilibrio.
Fra le vittime della guerra di liberazione spicca la figura di
Gabriella Degli Esposti, madre di due bambine, che in attesa di un
terzo figlio viene torturata e uccisa per non avere voluto tradire
i compagni di lotta, ricevendo per questo motivo la medaglia d'oro
al valore militare alla memoria.
Nonostante le riedificazioni e trasformazioni edilizie avvenute
dopo la guerra, Castelfranco ha fortunatamente conservato la
caratteristica tutta emiliana del centro storico con il portico
continuo, le cui due ali costeggiano la Via Emilia senza
interruzione.
L'economia di Castelfranco vive dell'integrazione fra le
tradizionali attività agricole e quelle più recenti
di una avanzata piccola industria. Esiste inoltre un movimento
commerciale abbastanza
intenso. L'artigianato, spesso a conduzione familiare, e la piccola
industria contano una discreta quantità di imprese
meccaniche ed elettromeccaniche, tessili, cartiere e del laterizio.
Rilevanti sono anche le industri del legno e i mobilifici.
Nel comune di Castelfranco è situata una delle più
belle ville storiche del modenese: Villa Sorra, edificata nei primi
anni del Settecento. Notevole il giardino della villa, organizzato
in parte sul modello inglese del parco romantico, racchiudente al
suo interno architetture neo-gotiche.
Nel territorio comunale è notevolissimo il castello di
Panzano, di antiche origini, riedificato da Monsignor Innocenzo
Malvasia sul finire del '500, fu arricchito nel corso del '600,
nella torre centrale, di un piccolo osservatorio astronomico (non
più esistente), voluto dal marchese Cornelio Malvasia;
sull'arco di ingresso, nel fronte meridionale, si erge un torrione
nel quale il marchese Bernardino Malvasia installò nel
Seicento un piccolo osservatorio astronomico.
Quanto agli abitanti del paese, possiamo ricordare quanto scriveva
nel 1844 Alessandro Bacchi: "lindole degli abitatori è
allegra e faceta per la ridente positura in che la Terra è
collocata, mentre il continuo passaggio dei Viaggiatori li rende
ospitali e civili".